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Tessitura

La lana delle numerose pecore della Sardegna ha fornito la materia prima ad un'attività  fiorentissima tra le piccole industrie a carattere casalingo. Nel passato non molto remoto, non

c' era casa d'abitazione in qualunque paese dell'isola ove non risuonasse il rumore ritmico dell'antico telaio di quercia che ripeteva da sempre gli stessi movimenti per la confezione degli stessi manufatti.

 

Ancor oggi, in molti paesi dell'interno, quella stessa lana rigida, ruvida e grossolana viene impiegata per la preparazione di tappeti, arazzi, coperte, copricasse e stoffe di arredamento, comprese le moquettes, secondo una tecnica antichissima che si è conservata immutata attraverso i secoli.

 

Nei lavori sardi di tessitura si adopera anche il lino, coltivato e filato nell' isola nella varietà  più  gentile e pregiata, forse quella stessa pianta fibrosa esaltata dallo storico greco Erodotto che la definì la migliore materia prima per le stoffe finissime, usate anche per le bende dei Faraoni d' Egitto.

 

La storia del tappeto sardo è  remota. In esso affiorano tutti quei motivi di disegno, ornato, soggetto e colore che sono presenti nei ritrovati dell'arte preistorica e che si sono tramandati anche negli altri elaborati dell'arte popolare moderna.

 

Così come in Sardegna è  vario il paesaggio fisico, altrettanto varia è  la produzione dei tessuti, diversi da zona a zona, da paese a paese. Infatti nelle regioni montuose il disegno è  severo, e asciutto, ma è  festoso e gaio nelle zone di pianure; il motivo passa da un tipo di ornato geometrico comune a tutte le forme popolaresche di antica origine ad elementi mutuati dall'arte dotta dei Bizantini o dagli schemi romanici o dalla civiltà  rinascimentale italiana o dal barocco, oppure ad altri elementi derivati da tessuti di lusso, coperte o arredi sacri, in cui torri e castelli, aquile e leoni, cavalli e cervi, angeli e demòni, fiori e frutti costituiscono con le figure astratte, i soggetti ed i temi di una meravigliosa fantasia creativa.

 

I colori oggi sono in gran parte sintetici, forniti dall'industria chimica, ma nel passato erano ricavati quasi sempre dai vegetali, da infusi di foglie, fiori e radici; da terre coloranti e da ocre e perfino dal mùrice presente lungo le coste del mare sardo pescosissimo.

Il nero, nelle diverse tonalità, si otteneva dall'infuso della diltinella detta in sardo «truìsku» ( Daphne Gnidium) ; il rosso si ricavava dalla «Rubia tinctorum», la robbia e dal fiore del sambuco; il giallo si estraeva dallo zafferano, dal lentischio e dalla scorza dell'ontano (in sardo «alìnu»), il bruno dal frassino; il ruggine dagli idrati di ferro; il viola da alcune ocre, secondo una tecnica empirica, frutto di pazienza e di secolari accorgimenti.

La lana delle numerose pecore della Sardegna ha fornito la materia prima ad un'attività  fiorentissima tra le piccole industrie a carattere casalingo. Nel passato non molto remoto, non c'era casa d'abitazione in qualunque paese dell'isola ove non risuonasse il rumore ritmico dell'antico telaio di quercia che ripeteva da sempre gli stessi movimenti per la confezione degli stessi manufatti.

 

Ancor oggi, in molti paesi dell'interno, quella stessa lana rigida, ruvida e grossolana viene impiegata per la preparazione di tappeti, arazzi, coperte, copricasse e stoffe di arredamento, comprese le moquettes, secondo una tecnica antichissima che si è conservata immutata attraverso i secoli.

Antico telaio

Nei lavori sardi di tessitura si adopera anche il lino, coltivato e filato nell' isola nella varietà  più  gentile e pregiata, forse quella stessa pianta fibrosa esaltata dallo storico greco Erodotto che la definì la migliore materia prima per le stoffe finissime, usate anche per le bende dei Faraoni d' Egitto.

 

La storia del tappeto sardo è  remota. In esso affiorano tutti quei motivi di disegno, ornato, soggetto e colore che sono presenti nei ritrovati dell'arte preistorica e che si sono tramandati anche negli altri elaborati dell'arte popolare moderna.

Lavorazione di un tappeto sardo

Così come in Sardegna è  vario il paesaggio fisico, altrettanto varia è  la produzione dei tessuti, diversi da zona a zona, da paese a paese. Infatti nelle regioni montuose il disegno è  severo, e asciutto, ma è  festoso e gaio nelle zone di pianure; il motivo passa da un tipo di ornato geometrico comune a tutte le forme popolaresche di antica origine ad elementi mutuati dall'arte dotta dei Bizantini o dagli schemi romanici o dalla civiltà  rinascimentale italiana o dal barocco, oppure ad altri elementi derivati da tessuti di lusso, coperte o arredi sacri, in cui torri e castelli, aquile e leoni, cavalli e cervi, angeli e demòni, fiori e frutti costituiscono con le figure astratte, i soggetti ed i temi di una meravigliosa fantasia creativa.

 

I colori oggi sono in gran parte sintetici, forniti dall'industria chimica, ma nel passato erano ricavati quasi sempre dai vegetali, da infusi di foglie, fiori e radici; da terre coloranti e da ocre e perfino dal mùrice presente lungo le coste del mare sardo pescosissimo.

Il nero, nelle diverse tonalità, si otteneva dall'infuso della diltinella detta in sardo «truìsku» ( Daphne Gnidium) ; il rosso si ricavava dalla «Rubia tinctorum», la robbia e dal fiore del sambuco; il giallo si estraeva dallo zafferano, dal lentischio e dalla scorza dell'ontano (in sardo «alìnu»), il bruno dal frassino; il ruggine dagli idrati di ferro; il viola da alcune ocre, secondo una tecnica empirica, frutto di pazienza e di secolari accorgimenti.

Scialle decorato

Il motivo centrale del tessuto si chiama in sardo «sa mostra» ed è  costituito da un disegno circondato da fasce o da una serie di motivi minori d' ispirazione pastorale, sempre con soggetti tratti dalla vita agreste mai con elementi di natura mistica o eroica.

 

Dalle severe tonalità  con radi motivi di rombi, righe, losanghe dei paesi del Goceano si passa agli intrecci di trame sovrapposte dei Campidani, secondo una tecnica che ricorda il rilievo dei grappoli d'uva e che si dice nella lingua del Sud «a pibionis», cioè  con la raffigurazione degli acini; dalle pesanti coperte del Logudoro, a granelli con ornato floreale, si salta alle smaglianti e intonate colorazioni dei rutilanti tappeti delle pianure meridionali, famosi per la preziosità  del disegno e per l'abbondanza dei motivi raffinati, come negli arazzi di Mogoro, di Morgongiori e di Villamassargia. Altri tessuti tradizionali invece si distinguono per la decorazione a strisce parallele con coppie di animali, ballerini, fogliame, ornati fantasiosi e per un equilibrato impiego del colore nero.

L'interpretazione dei simboli magici e religiosi (animali, alberi, fiori, frutti, calici, chiavi, spade, cuori, spighe di grano, grappoli d'uva, rami di corallo, fronde di quercia, eccetera) resta una delle cose più  stimolanti, forse il problema più appassionante e suggestivo di un aspetto significativo dell'arte del popolo sardo.

 

Analoga ricchezza decorativa e identica precisione nell'esecuzione dei particolari si riscontrano anche nei tradizionali lavori di ricamo: il tovagliato geometrico di Teulada, celebre in tutto il mondo per la preziosità  e la delicatezza dei punti, gli scialli fioriti di Oliena, i grembiali e le cuffiette di Desulo, le camicie dei costumi antichi del Marghine, gli arredi sacri di Orroli, le stoffe di arredamento di Busachi, di Ulassai e di Barisardo, i pizzi dei Campidani ed il filet di Bosa.

 

Ogni pezzo meriterebbe un discorso a parte per illustrarne le caratteristiche esaltate da una fantasia creativa, da  un' originalità  di tecnica e da una perfezione formale oggi rara nei prodotti della società  dei consumi.

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