I cento tipi di pane

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I cento tipi di pane

I cento tipi di pane

 

Trattando dell'alimentazione il discorso necessariamente deve partire dal pane.

Due sono i tipi fondamentali di pane: l'enorme, soffice e scura focaccia degli agricoltori della pianura e la sottile, croccante e candida ostia dei pastori della montagna. Il primo tipo, chiamato in campidanese civràxu o civàrxu e in logudorese chivàrzu e chivàlzu (dal latino cibarium) rappresenta la focaccia dalla grossa pezzatura, ben lievitata e molto nutriente.

 

Questo pane grigiastro, quasi integrale, dalla crosta bruna, forse fu il primo alimento delle più antiche genti, quando i pastori e i contadini convivevano nell'ambito dello stesso territorio comunitario; la focaccia di questo tipo si usa ancora nella parte meridionale dell' Isola, soprattutto nella zona di Sanlùri, dove si confeziona in pezzature enormi, addirittura incredibili, che spesso raggiungono anche il peso di una diecina di chili e sono chiamate is panis tundus, cioè i pani rotondi.

 

Nelle altre regioni le confezioni sono diverse, ma dovunque è presente il tipo del comune pane casareccio, che per la morbidezza viene detto su moddizzòsu (il pane morbido). Nella Trexènta prevalgono le forme rotonde e schiacciate, is ladixeddas, le schiacciatelle; nei Campidani si preferisce invece la pagnotta triangolare, piatta e liscia, col buco, su coccorrèddu, e nella Marmilla la grande caratteristica ciambella chiamata sa costedda. Ad Ales e a Lunamatrona le forme ricordano figure di gallinelle e di colombe e perciò sono stati battezzati is corroghèddas, cioè le piccole cornacchie.

Trattando dell'alimentazione il discorso necessariamente deve partire dal pane.

Due sono i tipi fondamentali di pane: l'enorme, soffice e scura focaccia degli agricoltori della pianura e la sottile, croccante e candida ostia dei pastori della montagna. Il primo tipo, chiamato in campidanese civràxu o civàrxu e in logudorese chivàrzu e chivàlzu (dal latino cibarium) rappresenta la focaccia dalla grossa pezzatura, ben lievitata e molto nutriente.

 

Questo pane grigiastro, quasi integrale, dalla crosta bruna, forse fu il primo alimento delle più antiche genti, quando i pastori e i contadini convivevano nell'ambito dello stesso territorio comunitario; la focaccia di questo tipo si usa ancora nella parte meridionale dell' Isola, soprattutto nella zona di Sanlùri, dove si confeziona in pezzature enormi, addirittura incredibili, che spesso raggiungono anche il peso di una diecina di chili e sono chiamate is panis tundus, cioè i pani rotondi.

Civràxiu

Nelle altre regioni le confezioni sono diverse, ma dovunque è presente il tipo del comune pane casareccio, che per la morbidezza viene detto su moddizzòsu (il pane morbido). Nella Trexènta prevalgono le forme rotonde e schiacciate, is ladixeddas, le schiacciatelle; nei Campidani si preferisce invece la pagnotta triangolare, piatta e liscia, col buco, su coccorrèddu, e nella Marmilla la grande caratteristica ciambella chiamata sa costedda. Ad Ales e a Lunamatrona le forme ricordano figure di gallinelle e di colombe e perciò sono stati battezzati is corroghèddas, cioè le piccole cornacchie.

Vari tipi di pane

Nel Montiferru si confeziona sa covazzèdda, una sorta di ciambella schiacciata e morbida col buco al centro del triangolo. Nella Planàrgia le focacce col buco sono dette sas lòtturas, mentre il pane triangolare è conosciuto come sa fresa. In tutta l'area del Logudoro e nei paesi ad economia pastorale si confeziona un'altra specie fondamentale di pane che si chiama carasàu o assàdu. Si tratta di sfoglie, sottili come carta, di pane biscotto, ridotto in strati quasi trasparenti dal colore dorato chiaro. La pasta, pazientemente lavorata e ridotta in fogli sottili, di forma circolare, viene lasciata fermentare tra le candide pieghe del lino e introdotta nel forno ben temperato su una larga pala di legno di castagno.

Pane carasàu

Nel Montiferru si confeziona sa covazzèdda, una sorta di ciambella schiacciata e morbida col buco al centro del triangolo. Nella Planàrgia le focacce col buco sono dette sas lòtturas, mentre il pane triangolare è conosciuto come sa fresa. In tutta l'area del Logudoro e nei paesi ad economia pastorale si confeziona un'altra specie fondamentale di pane che si chiama carasàu o assàdu. Si tratta di sfoglie, sottili come carta, di pane biscotto, ridotto in strati quasi trasparenti dal colore dorato chiaro. La pasta, pazientemente lavorata e ridotta in fogli sottili, di forma circolare, viene lasciata fermentare tra le candide pieghe del lino e introdotta nel forno ben temperato su una larga pala di legno di castagno.

Appena il disco di pasta inizia a fumare e tende a rigonfiarsi, subito viene estratto dal forno, e, ancora caldo, viene separato per mezzo di un coltello appuntito e tagliente. Questo pane, che è caratteristico della Sardegna, è stato battezzato dai forestieri carta da musica, mentre in tutta l'isola è noto comunemente col nome di fresa o di pistòccu. A seconda della regione, del paese o dello scopo per cui serve circa il consumo, viene lavorato in forme e con disegni diversi. Abbiamo così sa fresa longa, semicircolare molto biscottata, e sa fresa tunda, rotonda come una faccia di luna, sottilissima, quasi un' ostia trasparente e tenue.

 

Di Sassari e di Ozieri è caratteristica la ispianàdda, alquanto spessa, soffice, rotonda e bianchissima. In certi paesi del Nuorese si usa su lìmpidu carasàtu, che è una specie di galletta che i pastori si portano appresso come provvista nei lunghi mesi della nomade transumanza. Nell'Ogliastra troviamo su pistòccu, dalle sfoglie ruvide e un po' spesse che vengono inumidite e ammorbidite prima del consumo. Dei paesi montani di Dèsulo e di Tonàra, vicini al Gennargèntu, è tipica sa pillonca, una focaccia rotonda e gialliccia, simile ad un luminoso disco dorato. In Sardegna esistono infinite altre varietà di pane che si differenziano da paese a paese e talvolta da famiglia a famiglia nello stesso paese. 

Appena il disco di pasta inizia a fumare e tende a rigonfiarsi, subito viene estratto dal forno, e, ancora caldo, viene separato per mezzo di un coltello appuntito e tagliente. Questo pane, che è caratteristico della Sardegna, è stato battezzato dai forestieri carta da musica, mentre in tutta l'isola è noto comunemente col nome di fresa o di pistòccu. A seconda della regione, del paese o dello scopo per cui serve circa il consumo, viene lavorato in forme e con disegni diversi. Abbiamo così sa fresa longa, semicircolare molto biscottata, e sa fresa tunda, rotonda come una faccia di luna, sottilissima, quasi un' ostia trasparente e tenue.

 

Di Sassari e di Ozieri è caratteristica la ispianàdda, alquanto spessa, soffice, rotonda e bianchissima. In certi paesi del Nuorese si usa su lìmpidu carasàtu, che è una specie di galletta che i pastori si portano appresso come provvista nei lunghi mesi della nomade transumanza. Nell'Ogliastra troviamo su pistòccu, dalle sfoglie ruvide e un po' spesse che vengono inumidite e ammorbidite prima del consumo. Dei paesi montani di Dèsulo e di Tonàra, vicini al Gennargèntu, è tipica sa pillonca, una focaccia rotonda e gialliccia, simile ad un luminoso disco dorato. In Sardegna esistono infinite altre varietà di pane che si differenziano da paese a paese e talvolta da famiglia a famiglia nello stesso paese. 

Pane guttiau

Essendo l' isola una regione agricola, la produzione del frumento ha un peso così rilevante che lo stesso grano viene chiamato su lori o su laòre, come per volere significare il lavoro o la fatica per eccellenza. E come gli agricoltori annettano tanta importanza alla fatica dei campi, così le massaie considerano un vero e proprio rito la confezione del pane. Questo lavoro mostra la delicatezza poetica delle massaie, le quali per indicare la formatura del pane (pesài su pani) usano gli stessi termini dei quali si servono per definire le cure dedicate al bambino (pesài su pipiu, allevare il bimbo).

 

Per le feste tradizionali o nelle circostanze straordinarie, matrimoni, battesimi, ricorrenze familiari, nasce una singolare ricchezza di fantasia nei disegni e nelle forme. In tutta l'isola, ma soprattutto nei paesi del Campidano si produce largamente un tipo di pane fino, la cui pasta, di candido fior di farina o di semola, viene sapientemente lavorata e ridotta in forme di piccola pezzatura, riproducenti figure di animali o di fiori. A Sinnai, a Selargius ed a Maracalagònis l'abilità estrosa delle massaie esplode nella creazione di uno speciale pane lavorato su pani ciuèttu o suèttu, le cui forme si chiamano su coccòi.

 

Forse le mani delle massaie sarde inconsapevolmente ripetono i modelli plastici dell'arte nuragica, nella raffigurazione di forme vivide stilizzate o di gusto frescamente popolaresco, che riflettono un mondo agreste e primitivo, ancora non del tutto scomparso dalla cultura dell'isola. E così nascono le forme barocche di pane merlettato e seghettato, decorato con ingegnosi arabeschi o riproducente architetture irreali di guglie o di aeree composizioni, nelle quali lo splendore del colore si accompagna alla fragranza soave e viva.

 

Questo pane spesso viene lucidato con un'esperta pennellata d'acqua e biscottato per ottenere uno smagliante aspetto luminoso. In alcuni paesi il candore della pasta viene rallegrato da un vivace spruzzo di zafferano e decorato con ritagli di stagnola dorata, secondo una geometria ingenua ed allegra. In una zona della Barbagia queste forme si chiamano is tancònis, che vengono variegati e frastagliati con la veloce rotella dentata, detta sa sarrètta. 

Essendo l' isola una regione agricola, la produzione del frumento ha un peso così rilevante che lo stesso grano viene chiamato su lori o su laòre, come per volere significare il lavoro o la fatica per eccellenza. E come gli agricoltori annettano tanta importanza alla fatica dei campi, così le massaie considerano un vero e proprio rito la confezione del pane. Questo lavoro mostra la delicatezza poetica delle massaie, le quali per indicare la formatura del pane (pesài su pani) usano gli stessi termini dei quali si servono per definire le cure dedicate al bambino (pesài su pipiu, allevare il bimbo).

 

Per le feste tradizionali o nelle circostanze straordinarie, matrimoni, battesimi, ricorrenze familiari, nasce una singolare ricchezza di fantasia nei disegni e nelle forme. In tutta l'isola, ma soprattutto nei paesi del Campidano si produce largamente un tipo di pane fino, la cui pasta, di candido fior di farina o di semola, viene sapientemente lavorata e ridotta in forme di piccola pezzatura, riproducenti figure di animali o di fiori. A Sinnai, a Selargius ed a Maracalagònis l'abilità estrosa delle massaie esplode nella creazione di uno speciale pane lavorato su pani ciuèttu o suèttu, le cui forme si chiamano su coccòi.

Lavorazione dell'impasto per il pane

Forse le mani delle massaie sarde inconsapevolmente ripetono i modelli plastici dell'arte nuragica, nella raffigurazione di forme vivide stilizzate o di gusto frescamente popolaresco, che riflettono un mondo agreste e primitivo, ancora non del tutto scomparso dalla cultura dell'isola. E così nascono le forme barocche di pane merlettato e seghettato, decorato con ingegnosi arabeschi o riproducente architetture irreali di guglie o di aeree composizioni, nelle quali lo splendore del colore si accompagna alla fragranza soave e viva.

 

Questo pane spesso viene lucidato con un'esperta pennellata d'acqua e biscottato per ottenere uno smagliante aspetto luminoso. In alcuni paesi il candore della pasta viene rallegrato da un vivace spruzzo di zafferano e decorato con ritagli di stagnola dorata, secondo una geometria ingenua ed allegra. In una zona della Barbagia queste forme si chiamano is tancònis, che vengono variegati e frastagliati con la veloce rotella dentata, detta sa sarrètta. 

Nel Montiferru si produce invece su pane de zicchi, distinto in due pagnotte quasi separate, sas palzìdas, o in un'unica forma spaccata al centro detta su tacchinu, perché ricorda la sagoma di un tacchino. Per il banchetto in onore degli sposi è lavorato secondo un'arte particolare che fa germogliare nella delicatezza delle figure le favole più leggiadre.

 

Per Natale il bruno pane impastato con la sapa, le mandorle e le noci, addolcito dal miele, e dall'uva passa, ha un non so che di mistico e di familiare. A Pasqua il pane diventa giocondo e festoso con le uova variopinte incastonate (secondo un rito forse d'origine ebraica) e si chiama s'angùlli a Sìnnai, sa pizzùda a Fonni e da coccòi de angùlli ad Arzana. In molti paesi si confeziona ancora il pane disadorno per i morti; le curiose focacce per i battesimi, sas còzzulas de battiàli, e le sottili e delicate ciambelline di pane per la prima Comunione con forme che riproducono i simboli del la liturgia cristiana, rallegrati da festoni colorati.

 

Ci sono poi nell' isola altri numerosi tipi di pane strano ed inusitato per le caratteristiche veramente eccezionali, quasi inspiegabili. A Bitti dalle sottili sfoglie di latte quagliato ed essicato di ottiene su frue; in Ogliastra, ad Esterzìli, si confeziona su frigadòri, ottenuto utilizzando gli avanzi della pasta che resta attaccata alla madia di legno e unendo all'impasto erbe fortemente aromatiche e formaggi salati. In alcuni villaggi ancor oggi, presso le famiglie più misere, si fa uso del pane d'orzo, scuro, sciutto e ruvido, che in alcuni centri si lavora anche con lo stesso procedimento della cosidetta carta da musica e si chiama su orzàtu.

Nel Montiferru si produce invece su pane de zicchi, distinto in due pagnotte quasi separate, sas palzìdas, o in un'unica forma spaccata al centro detta su tacchinu, perché ricorda la sagoma di un tacchino. Per il banchetto in onore degli sposi è lavorato secondo un'arte particolare che fa germogliare nella delicatezza delle figure le favole più leggiadre.

 

Per Natale il bruno pane impastato con la sapa, le mandorle e le noci, addolcito dal miele, e dall'uva passa, ha un non so che di mistico e di familiare. A Pasqua il pane diventa giocondo e festoso con le uova variopinte incastonate (secondo un rito forse d'origine ebraica) e si chiama s'angùlli a Sìnnai, sa pizzùda a Fonni e da coccòi de angùlli ad Arzana. In molti paesi si confeziona ancora il pane disadorno per i morti; le curiose focacce per i battesimi, sas còzzulas de battiàli, e le sottili e delicate ciambelline di pane per la prima Comunione con forme che riproducono i simboli del la liturgia cristiana, rallegrati da festoni colorati.

 

Ci sono poi nell' isola altri numerosi tipi di pane strano ed inusitato per le caratteristiche veramente eccezionali, quasi inspiegabili. A Bitti dalle sottili sfoglie di latte quagliato ed essicato di ottiene su frue; in Ogliastra, ad Esterzìli, si confeziona su frigadòri, ottenuto utilizzando gli avanzi della pasta che resta attaccata alla madia di legno e unendo all'impasto erbe fortemente aromatiche e formaggi salati. In alcuni villaggi ancor oggi, presso le famiglie più misere, si fa uso del pane d'orzo, scuro, sciutto e ruvido, che in alcuni centri si lavora anche con lo stesso procedimento della cosidetta carta da musica e si chiama su orzàtu.

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